In merito alle cosiddette petizioni on-line sulla solita piattaforma americana “change . org” ed in particolare quella ideata da Vito Potenza poi seguita dal rilancio da parte di Stefano Puzzer, richiedente “l’invio dei caschi blu a Trieste su consiglio da un suo amico che si intende di legge internazionale” comunichiamo quanto segue:
1 – Le “petizioni” sottoscritte da una email e cliccate verso la celebre società a scopo di lucro americana change . org servono a nulla. Nessuna presunta petizione ha mai risolto le questioni presentate nel testo ai firmatari per più ragioni, a cominciare dal fatto che da un pc o da uno smartphone la firma non è certificata e chiunque può firmarsi con nomi diversi un numero potenzialmente infinito di volte, tante volte quante la sua fantasia ed il suo tempo gli consentiranno di inventarsi nomi e cognomi diversi per ogni email spedita. Nessuno da parte di change . org, controllerà mai la veridicità dei nomi riportati sulle email e neanche le presenterà ad un destinatario, anche perchè change . org, per evidenti ragioni promozionali, ha tutto l’interesse a non farlo ed a gonfiare il numero reale dei sottoscrittori. Le petizioni valide e che possono esser prese in considerazione, logicamente, sono solo quelle firmate con una penna su un foglio di carta, previa esibizione di un documento d’identità certificante i propri dati anagrafici, salvo le recenti eccezioni di quelle trasmesse avvalorate dalla sottoscrizione autenticata SPID sulle piattaforme istituzionali dedicate, ma che per ovvie ragioni detengono valore solo sul territorio nazionale, non di certo quando vengono inviate da un pc di Trieste negli USA.
Tale completa inservibilità delle raccolte di firme virtuali inviate alla piattaforma americana change . org vale ovviamente allo stesso modo anche per la cosiddetta petizione on-line “anti NoGreenPass e anti NoVax a favore della scienza” proposta nientemeno che dagli avvocati (!) Mitja Gialuz e Tiziana Benussi, spacciata per “movimento d’opinione”(sic!).
2 – Competente per le petizioni e refrattario a change.org, a Ginevra esiste il Petitions Team Office dell’OHCHR (Office of the High Commissioner for Human Rights), ufficio che raccoglie le petizioni pretendendo siano loro consegnate in formato cartaceo, e inerenti denunce delle violazioni dei diritti umani. La demenziale petizione proposta a Trieste “per l’invio dei caschi blu” non può neanche essere presa in considerazione a Ginevra pure perchè i caschi blu sono posti sotto il controllo diretto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di New York, il quale risponde solo ai Soggetti Giuridici Internazionali cioè agli Stati, e non di certo a chi propone petizioni farlocche.
3- I caschi blu dell’ONU o – per meglio dire – del Consiglio di Sicurezza e del Segretario Generale dell’ONU sono la forza di “peacekeeping” creata nel 1956 allo scopo di interporsi tra le parti belligeranti nel corso della seconda guerra arabo israeliana e da allora intervengono su richiesta del Consiglio di Sicurezza previo consenso unanime dei cinque membri permanenti. Le ultime missioni dei caschi blu si sono svolte in Congo e nel Sudan nel 2010. Gli ambiti di intervento dei Caschi Blu sono:
- prevenzione dei conflitti (conflict prevention);
- edificazione della pace (peacemaking);
- mantenimento della pace (peacekeeping);
- assistenza umanitaria (humanitarian aid);
- consolidamento della pace (peacebuilding)
con, in netta prevalenza, in oltre 60 missioni dalla loro creazione, della funzione di peacekeeping, cioè di mantenimento del cessate il fuoco dopo che gli eserciti belligeranti hanno concordato il cessate il fuoco.
Si parla perciò di quanto più sideralmente distante possa esistere dall’odierna situazione di Trieste, dove eventualmente, per definire il vero status giuridico del Territorio e del Porto internazionale sarebbe necessaria, casomai, una Commissione Internazionale assieme al peso politico di chi può avere l’interesse a re internazionalizzare Trieste, non di certo di una forza militare dissuadente dotata di artiglieria!
Alla luce di quanto sopra descritto è evidente quindi che “l’amico” di Stefano Puzzer, quello che gli ha consigliato di reclamizzare la petizione di change . org, di legge internazionale ne capisce, dopo 10 anni di attività para indipendentista, più nulla che poco, e continuando come sta facendo da anni a perseverare con cretinerie pensando così di farsi pubblicità, non fa altro che minare la credibilità e la serietà della questione di Trieste e del suo Porto franco internazionale.