Com’era ampiamente prevedibile, arriva nel gennaio 2019 un segnale/bordata da fonte internazionale sulla questione di Trieste (qui l’articolo). A far partire il colpo è con tutta probabilità la Cina, da un tranquillizzante e ben noto sito tecnico di Singapore (un caso?) dedicato ai porti mondiali, Splash247.com.
Lo fa con l’articolo “Trieste: Silk Road return or how China called Italy’s bluff?” firmato da Andre Wheeler, esperto in international business, che dopo aver descritto i vari aspetti logistici e finanziari degli interessi cinesi lungo la Silk Road ed i soliti conteggi dei container, che non ci interessano particolarmente, arriva a porre l’attenzione sullo status del porto di Trieste.
Il titolo è fatto per catturare l’attenzione sul “bluff italiano”. Quale bluff? Il bluff della sovranità italiana su Trieste, naturalmente. Nel penultimo paragrafo dell’articolo, assai più simile al testo di una nota di protesta al Consiglio di Sicurezza ONU che non ad un articolo inerente portualità e TEU, infatti, Andre Wheeler a totale vantaggio del governo di Pechino ma anche dell’intera comunità internazionale, ricorda a tutti che Trieste assieme al suo porto internazionale dal 1947 risponde in primis al Consiglio di Sicurezza ONU ed in seconda battuta ai governi USA e UK, ultimi soggetti giuridici internazionali ad aver avuto mandato amministrativo legale sulla Zona A del Territorio Libero di Trieste e sul nostro porto internazionale. Non all’Italia.
La drastica e difficilmente opinabile reazione di Pechino è probabilmente derivata dall’attuale totale non applicazione dell’allegato VIII da parte degli inadeguati ed abusivi amministratori italiani del porto di Trieste, che continuano contro ogni più elementare regola di buon senso e del diritto, a pretendere a carico degli operatori provenienti da ogni parte del mondo che intendono stabilirsi nell’area portuale gli stessi inaccettabili adempimenti burocratici imposti a qualsiasi azienda operante sul territorio italiano, all’interno di un Territorio e di un porto che non appartengono all’Italia. Tutto ciò dopo aver propagandato a parole in giro per il mondo “i vantaggi del porto internazionale di Trieste” ma di fatto, dopo aver piazzato incredibilmente l’Agenzia delle Entrate italiana proprio all’interno dell’area internazionale. Questo fatto è ben conosciuto all’articolista che infatti scrive “tuttavia il porto franco internazionale di Trieste non appartiene all’Italia o all’Unione Europea” .
Andre Wheeler sottolinea che il porto internazionale di Trieste “è affidato all’amministrazione civile temporanea del governo italiano dagli Stati Uniti e dal Regno Unito come governi di amministrazione primaria per conto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Questo è stato stabilito dalla risoluzione S/RES/16 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (1947) come parte del Trattato di Pace.” Ma sappiamo bene che la risoluzione 16 determina prima e soprattutto l’esistenza del Territorio Libero di Trieste, e solo di conseguenza lo strumento del porto franco – allegato VIII allo scopo di preservarne l’internazionalità.
Dopo l’opinione del Prof. Alfred de Zayas (qui l’articolo ed il video), massimo (ex) esperto delle Nazioni Unite sulla questione di Trieste, che ha ricordato proprio qui da noi pochi mesi fa la validità vigente dell’art. 21 del Trattato di Pace, cioè la perdita definitiva di sovranità italiana sull’area costituente il TLT con tutte le conseguenze da ciò derivanti per la nostra indipendenza e dei nostri sacrosanti diritti (vedi video), l’articolo di Wheeler suona come un poderoso “secondo avvertimento” all’Italia, nella persistente ebete inconsapevolezza dell’ex classe politica/amministrativa italiana qui presente.
Link articolo: https://splash247.com/trieste-silk-road-return-or-how-china-called-italys-bluff/