Lo status del Porto Franco di Trieste è per il beneficio non solo di tutti i firmatari del Trattato di Pace, ma per tutti gli Stati dell’Europa centrale.” Prof. Grant & Verdirame – 2014
Mentre per l’arrivo della Hamburger Hafen und Logistik Ag (Hhla) sulla nuova piattaforma logistica si è saputo tutto dai media, altrettanta chiarezza non c’è stata per far conoscere al pubblico i termini della concessione all’Ungheria dell’area “ex Aquila”, operazione allo stato attuale in stand by, per poter definire le modalità delle complesse e onerose operazioni di bonifica ambientale dell’area. Il cosiddetto accordo di programma per l’inizio dei lavori sarà concluso entro il 2022.
Qualcosa in più è dato sapere però oggi dai media ungheresi vicini al primo ministro Orbán e non sono annunci di poco conto per Trieste, geopoliticamente parlando. Infatti leggiamo che “Trieste sarà il porto dell’Ungheria” e che “nell’area portuale ungherese [di Trieste] ci saranno aziende dedite alla lavorazione ed alla trasformazione delle merci” e ancora “il porto godrà di un certo grado di autonomia e l’amministrazione doganale e burocratica sarà condotta secondo la legge e le regole ungheresi, un altro vantaggio per le imprese ungheresi.”
Affermazioni che se non sono proprio la dichiarazione dell’applicazione dell’Allegato VIII al Trattato di pace di Parigi, insomma, vi assomigliano molto. Affermare che a Trieste si opererà “con l’amministrazione doganale e burocratica ungherese” equivale a dire che nel porto di Amburgo si opererà su una determinata area conformemente alle leggi Svizzere (!). E dove sarebbe possibile ciò se non nel Territorio Libero di Trieste?
In pratica veniamo a sapere da Budapest che l’Ungheria applicherà da subito pienamente le regole internazionali come definite nel 1947 per il Free Port di Trieste. In sostanza l’Ungheria si avvantaggerebbe di Trieste e del suo porto libero laddove l’Italia oltre a non farlo, lo sta anche impedendo, e mentre l’Ungheria afferma così nettamente i propri diritti su Trieste, i politici locali stanno chiedendo – timidamente e tardivamente – l’extra-doganalità per il porto ad enti non competenti sul tema come la regione FVG, il senato italiano e l’Unione Europea, quest’ultima peraltro già al corrente del particolare status giuridico del Territorio e Porto liberi di Trieste fin dal 2012.
Si apprende cioè che “il porto godrà di un certo grado di autonomia e l’amministrazione doganale e burocratica sarà condotta secondo la legge e le regole ungheresi, un altro vantaggio per le imprese ungheresi.” Più chiaro di così. In pratica, nell’area “ex Aquila” utilizzata dall’Ungheria, nessun pubblico ufficiale italiano potrà entrarvi e ciò che arriva, o parte via mare e/o ferrovia da quei 32 ettari (la metà della superficie del porto vecchio sdemanializzato da Russo) non potrà in alcun modo essere interferito dalle autorità italiane.
L’attuale interesse dell’Ungheria per Trieste rientra tuttavia in un quadro geopolitico più vasto e complesso che vede coinvolte anche la Slovenia con il porto di Koper/Capodistria, la Croazia con il porto di Fiume/Rijeka e all’estremo opposto, lo stato “sponsor” dell’Ungheria: la Cina. Quest’ultima in veste di regista e attore primario, in quanto super potenza economica, finanziaria e militare mondiale, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e stato promotore della Belt and Road Initiative o Via della Seta (link), con le intenzioni neanche tanto nascoste di promuovere il porto di Trieste a capolinea europeo sul Mediterraneo per i propri immensi traffici.
In tal senso è impossibile non tener conto del fatto che a Zalaegerszeg, una piccola città in Ungheria nella parte occidentale del paese, sono iniziati i lavori per un gigantesco terminal intermodale della “Metrans“. Finanziato con 40 milioni di euro, si tratta di uno snodo fondamentale per garantire un traffico merci efficiente con i porti dell’adriatico: Koper/Capodistria, Rijeka/Fiume, ma soprattutto Trieste. Secondo gli analisti, il corridoio adriatico con Trieste diventerà un tracciato prioritario per il traffico nel Mediterraneo e proprio la piccola Zalaegerszeg svolgerà un ruolo fondamentale. Il terminal conterà 150mila metri quadri con treni giornalieri per Amburgo, Bremerhaven e l’intero network di Metrans. In quest’equazione non sorprende affatto allora, come sia l’Ungheria la nazione da tempo scelta dalla Cina per poter “entrare” nel mercato est-europeo attraverso lo snodo di Trieste; e sorprende ancora meno che la proprietaria di Metrans sia quell’Hamburger Hafen und Logistik AG (HHLA), già proprietaria della quota maggioritaria della Piattaforma Logistica (fonte: Triesteallnews).
Per cos’altro, se non per i chiari diritti derivanti dall’Allegato VIII l’Ungheria nel 2020 avrebbe scelto Trieste come porto principale e solo in seconda battuta Fiume/Rijeka, che alla pari di Trieste nel 1719 fu proclamata porto franco della corona Magiara sul Mediterraneo?
A tal proposito va detto per completezza, che nell’agosto del 2017 in occasione di una conferenza internazionale svoltasi a Trieste, TRIEST NGO fu contattata dal rappresentante di un’istituzione ungherese vicina al governo di Orbán. Nell’incontro che ne seguì, il funzionario fu messo al corrente dei diritti umani dei cittadini del Territorio Libero di Trieste così come sui vari aspetti inerenti al porto libero e dei relativi diritti dell’Ungheria sullo stesso, sanciti proprio – guarda caso – dal Trattato di Pace come porto franco internazionale.