Il 15 settembre è una giornata importante nella storia della città di Trieste:
il 15 settembre del 1947 è entrato in vigore il Trattato di Pace e, con esso, la Costituzione del Territorio Libero di Trieste.
Per celebrare questo avvenimento storico, da alcuni anni, i principali movimenti legalitari che combattono per il riconoscimento dei diritti dei cittadini del Territorio Libero di Trieste si attivano organizzando un corteo al quale tutta la cittadinanza è invitata a partecipare.
Le immagini scelte per introdurre questa riflessione sono quelle di due foto in cui viene ritratta la grande partecipazione del popolo catalano ad una delle manifestazioni organizzate per reclamare la propria indipendenza.
Oltre un milione di persone… un milione di persone che si identificano sotto l’egida di un’unica bandiera… un milione di persone che annullano le loro differenze individuali per rappresentare a gran voce la stessa appartenenza, lo stesso cuore pulsante e motore della loro identità.
E’ così che, sopra un fiume umano che scorre zampillante, svetta la bandiera della Catalogna, unico scudo, unica difesa e unico baluardo di un’identità popolare.
Fateci caso: nessuna altra bandiera.
E a Trieste?
Cosa svettava, a Trieste, sopra i cittadini che hanno scelto di scendere in corteo per manifestare?
Quale elemento annullava le differenze per accogliere i cittadini nella loro essenza più profonda, rappresentando la loro identità?
Cosa rappresentava, a Trieste, la manifestazione del 13 settembre 2015?
La storia insegna che l’insidia più pericolosa si nasconde talvolta nella più sottile piega del più suntuoso abito che si indossa.
E allora sono a chiedermi: l’intento di quel corteo, quel suo voler rappresentare la propria volontà e il proprio diritto all’esistenza, è stato davvero rispettato?
La dominanza di “bandiere di partito” che saltano all’occhio offuscando l’alabarda, situazione ben diversa dalla partecipazione collettiva che i catalani propongono, è davvero coerente con il significato che da anni si dà al corteo?
Ed ecco che, a ben pensarci, il corteo del 13 settembre 2015, anziché esser portavoce della volontà di un’intera cittadinanza, è stato trasformato in una vetrina partitica, con scempio e sacrificio della sua essenza in nome di una gara politica ben lontana dal bisogno della cittadinanza di quel momento.
Dichiarazioni di intenti da parte di vari portavoce di partito, personalismi interpretativi della realtà cittadina, speculazioni partitocratiche, slogan e proclami a favore dei propri movimenti: scelte discutibili, nel tentativo di accaparrarsi consensi politici, che, dimenticando etica e onestà intellettuale, hanno offuscato la nobile battaglia legalitaria per il Territorio Libero di Trieste.
Per quanto, va detto, un solo gruppo si è reso portavoce di concetti xenofobi o peggio, TUTTI i movimenti presenti hanno la responsabilità condivisa di aver sostituito un corteo per i cittadini in un corteo partitico.
Certo, la manifestazione del 13 settembre 2015 ha riscosso un indubbio ed innegabile successo:
il timore che ha accompagnato la realizzazione di quest’evento, un timore che sorregge il solito gioco della solita battaglia dei soliti numeri, ha lasciato spazio ad un sospiro di sollievo perché molti erano ancora, e nonostante tutto, i presenti.
E allora giù a festeggiare, giù con i soliti proclami di autoincensamento dal sapore più rafforzativo e rassicurante che costruttivo e lungimirante. Perché un atteggiamento rassicurante è quello che focalizza il proprio sguardo su ciò che conferma la bontà del proprio operato e l’esattezza delle proprie posizioni;
è quello a cui sfugge di osservare ciò che disorienterebbe e disturberebbe la propria immagine di Sé;
è quello che non coglie l’elemento stonato, concentrandosi invece sulla tecnica dell’esecuzione;
è quello che non si accorge delle assenze.
Tante presenze, dunque, a sfilare per le vie della città.
E quali assenti? Chi sono gli assenti, quelli rimasti ai margini o quelli in altre faccende affaccendati?
La risposta è: i cittadini del Territorio Libero di Trieste, gli stessi aventi diritto a veder applicate le leggi previste dal Diritto Internazionale.
Già: la verità è che i cittadini diffidano.
Diffida chi non tollera la negazione dei diritti umani e civili e, ancor più, religiosi, di ogni realtà del nostro territorio.
Diffida chi coglie, nel concetto di multiculturalità tanto decantato, la negazione della transculturalità che è propria del Nostro Territorio e che difende l’assenza del predominio di un’appartenenza sull’altra perché, difendendo l’unità identitaria, sostiene la cooperazione e il rispetto tra le diverse appartenenze.
Diffidano i cittadini che si identificano nel gruppo linguistico italiano, siano essi storicamente appartenenti a famiglie di matrice triestina oppure no. Poiché la cieca miopia di chi si proclama “salvatore” professando la deriva razzista nega la dignità e il diritto di appartenenza di ogni cittadino del Territorio Libero di Trieste.
Diffidano i profughi istriani e, con essi, i loro discendenti, siano questi italiani o italianizzati, preoccupati di rivivere un oblio che li ha già spinti ad abbandonare le loro terre amate; che li ha già spinti a fuggire in altre regioni italiane trovando un accoglimento fatto di rifiuto e diffidenza; che li ha già spinti a fuggire in terre lontane, barattando la loro identità con la possibilità di ricominciare.
Diffidano persino gli stessi cittadini che hanno partecipato al corteo o, quantomeno, diffidano i rappresentanti dei movimenti che hanno organizzato la manifestazione, conducendo i propri accoliti, come valorosi condottieri intenti a difendere i loro possedimenti, nello zibaldone degli intenti e nella confusione degli obiettivi.
Può dunque un’identità dividersi?
Può dunque un’appartenenza dividersi?
E’ possibile che, animati dalla convinzione delle proprie posizioni, ci si dimentichi che tra identità e appartenenza c’è una gran bella differenza?
Evidentemente sì, se si è potuto assistere allo sfaldamento del corteo in due diversi tronconi, due teste e due code, due aspetti contrapposti in un’identità che doveva essere celebrata e non sacrificata sull’altare dell’appartenenza o su quello del vantaggio elettorale… un’anima negata dallo stesso corpo che si dibatte per il suo riconoscimento.
E così, ecco i distanziamenti, i proclami ostentati ad una platea sobillata a dovere, l’acredine malcelata ed esibita a proprio vantaggio, con la complicità di un microfono che amplifica un’agonia sottovalutata.
E allora sono a chiedermi e chiedo a chiunque voglia riflettere con me:
Ciò a cui abbiamo assistito il 13 settembre 2015 è davvero l’anima del Nostro Territorio?
E’ davvero la rappresentazione dell’identità dei Nostri Cittadini?
E’ davvero il simbolo di un bene comune o piuttosto la vetrina di due realtà contrapposte che si sfidano per accaparrarsi il diritto di un Territorio tormentato dalle divisioni e dai soprusi, fino a difenderlo con gli stessi e odiati strumenti della divisione e del sopruso?
Perché il SIGNIFICANTE, la NOSTRA BANDIERA, è stata sacrificata per dar sfoggio ai significanti di due opposte fazioni politiche partecipanti?
Perché la manifestazione è stata svuotata del proprio contenuto ed è stata trasformata in una “marcia per il nuovo sindaco”, accompagnata da proclami di dubbio valore?
Perché l’ego-politica ha spazzato via, crudele, la civile cultura del nostro Territorio, rinnegando la sua stessa identità?
Montecchi e Capuleti hanno spinto alla morte i loro figli pur di difendere il loro orgoglio d’appartenenza… Romeo e Giulietta campeggiano nella nostra fantasia, il loro amore che sopravvive alla vita è il triste sogno romantico che accompagna molti di noi.
Il TLT non merita di vivere solo nella memoria e sopravvivere nel ricordo di una tragedia, per l’incapacità dei propri cittadini di rinunciare all’orgoglio nel difendere la propria identità.
I veri assenti di quella manifestazione, dunque, sono state proprio le NOSTRE BANDIERE.
E l’unico vero risultato tangibile è stato quello di aumentare la diffidenza dei cittadini.
La diffidenza è un male cronicizzato di una società senza pensiero e senza sviluppo ed evidentemente il nostro Territorio non è esente da questa cruda realtà, realtà che ha allontanato i cittadini e ha fatto risuonare le vie percorse dal corteo con la loro assordante assenza.
D’altro canto, quella non era la loro festa; la loro festa è stata sacrificata preferendo ad essa lo scomposto sgomitare alla ricerca di consensi elettorali, in una logica sempre più lontana dai cittadini e dalla loro essenza.
L’augurio è allora che la diffidenza possa presto lasciare il posto alla partecipazione, che l’ego-politica possa fare un passo indietro ed inchinarsi alla politica al servizio del Territorio che dovrà servire e di tutti i cittadini che ne fanno parte, senza discriminazione alcuna, perché l’ego-politica non ha nulla ma proprio nulla a che fare con la civile cultura del nostro Territorio.
Se quanto accaduto il 13 settembre è uno schiaffo che ci ricorda come sia facile allontanarsi dai nostri intenti, imboccando la pericolosa strada dell’involuzione locale e dell’ego-politica senza futuro, merita tuttavia, e infine, ricordare come il 2015 sia stato (e continui ad essere) l’anno dei grandi eventi internazionali, l’anno degli importanti riconoscimenti ottenuti grazie alla saggia opera della Triest NGO e al sostegno delle realtà più vicine a questa organizzazione.
E proprio mentre i ragazzi della Triest NGO stanno per varcare nuovamente le porte dell’ONU, rappresentando i cittadini del Territorio Libero di Trieste, il nostro pensiero deve essere per loro, affinché siano i degni rappresentanti di un Territorio spezzato e tormentato che, faticosamente, sta cercando di ritrovare la propria unità.
Dott. Marco Pizzi