“Le disposizioni del porto libero crearono obbligazioni dovute dall’Italia a vari Stati (e, forse, anche agli stessi abitanti di Trieste). Distinte dalle obbligazioni relative all’apparato amministrativo, non vi è chiara giustificazione sul come queste obbligazioni sarebbero decadute.”
Dall’expertise “20 Essex” – Tom Grant – Guglielmo Verdirame
Il giorno 9 novembre 2015 si è svolta la prima udienza di un processo che ha visto sul banco degli imputati i partecipanti ad una manifestazione svoltasi all’interno dell’area del porto vecchio di Trieste, evento avvenuto il 10 febbraio 2014, ricorrenza della firma del Trattato di pace di Parigi comprendente la perdita definitiva della sovranità italiana su Trieste ( de facto dal 15/9/47), il suo territorio ed il suo porto internazionale . In particolare i manifestanti sostarono sugli illeciti varchi di viale Miramare e largo Santos delimitanti l’area internazionale del porto vecchio di Trieste ed aperti in seguito all’autorizzazione concessa dal comm. di governo sulla zona A del Territorio libero di Trieste, Dott.ssa Francesca Adelaide Garufi .
A differenza della precedente manifestazione/corteo per il porto e l’all. VIII dell 8 dicembre 2013, in cui furono commessi degli errori strategici da parte degli indipendentisti organizzatori dell’evento (la proclamazione di un ultimatum al governo italiano), quello del 10 febbraio 2014 fu un evento contrassegnato da una certa drammaticità determinata in primis dalle avverse condizioni meteo a cui per oltre 12 ore centinaia di cittadini si sottoposero, nell intento di voler evidenziare il sopruso che stavano subendo.
Questo evento fu l’epitaffio della prima fase che ha contraddistinto la rinascita dell’indipendentismo triestino. Ma questo è un altro discorso.
Perché era stata organizzata questa manifestazione? Quali erano le sue finalità?
Il commissario di governo Maria Adelaide Garufi riconcesse, con il pretesto dell’accesso al magazzino 26 il libero transito all’interno del porto franco nord .
Qual è il problema? Che il porto franco vecchio non risulta a tuttora essere soggetto alla sovranità italiana, in quanto si tratta fin dal 1947 di una zona franca internazionale. In altri termini, tramite questa autorizzazione illecita il commissario di governo violò nuovamente il Diritto internazionale vigente per l’intero Porto di Trieste, così come stabilito dall’all. VIII e, con esso i diritti dell’intero Territorio Libero di Trieste di cui proprio il commissario di governo Dott.ssa Garufi dovrebbe esserne il massimo garante.
A seguito di questa ennesima violazione da parte delle autorità italiane sul TLT/STO/FTT, i cittadini di Trieste, stavolta consapevoli dei loro diritti e dopo aver constatato che le semplici proteste formali mai hanno sortito la dovuta considerazione da parte di chi avrebbe invece dovuto assicurare il buon funzionamento di quella zona predisposta al libero scambio emporiale, finanziario oltrechè – naturalmente – alla portualità, che garantirebbe decine di migliaia di posti di lavoro per i nostri cittadini, decisero simbolicamente di ripristinare – per un giorno – la corretta delimitazione di quest’area internazionale.
Febbraio 2014: apice della consapevolezza dei triestini.
L’internazionalità di Trieste in questo particolare momento storico raggiunse l’apice della sua consapevolezza e popolarità. Tale popolarità e presa di coscienza colsero di sorpresa le sonnecchianti, disattente ed impreparate istituzioni italiane, certe oramai di aver completamente cancellato il ricordo stesso dell’esistenza del “loro” porto franco internazionale, della valenza dell’all. VIII e di coloro i quali ne hanno diritto: i cittadini del TLT.
Come reagirono le autorità italiane?
Non sapendo più come fronteggiare il (loro) problema, altro non furono capaci di fare se non attaccare.
In mancanza di reali strumenti legislativi a loro disposizione, nel tentativo di impedire e perseguire la sacrosanta manifestazione democratica dei triestini, pensarono di intimidirli. L’autorità giudiziaria, tramite il PM Dott. Federico Frezza ben pensò di accusare 37 cittadini nientemeno che di *radunata sediziosa*, cioè applicando l’art. 655 del c.p.p.
L’atteggiamento del Dott. Federico Frezza lascia alquanto perplessi: per quanto si sia cercato una casistica di sentenze analoghe nella legislazione italiana, non risulta che tale articolo, per quanti torbidi sociali siano avvenuti dagli anni di piombo in poi, che negli ultimi 40 anni sia mai stato evocato questo articolo di legge.
E’ un articolo pescato direttamente dalle leggi fascio/militariste, anzi risorgimentali italiane.
Come mai tale capo d’imputazione rispunta proprio a Trieste in occasione di una pacifica/gandhiana manifestazione?
[…] Art. 655 cpp : “radunata sediziosa (contravvenzione art. 655 codice penale) […] il terzo comma dell’articolo specifica “Non è punibile chi, prima dell’ingiunzione dell’autorità o per obbedire ad essa, si ritira dalla radunata”. L’articolo 23 del R.D. 18.6.1931, n. 773, stabilisce: “Qualora l’invito (di sciogliere la riunione in luogo pubblico) rimanga senza effetto, è ordinato il discioglimento con tre distinte formali intimazioni, precedute ognuna da uno squilo di tromba“. Il R.D. 6.5.1940, n. 635, dispone all’articolo 24: “Quando occorre sciogliere una riunione od un assembramento, il funzionario di pubblica sicurezza, ove non indossi l’uniforme di servizio, deve mettersi ad armacollo la sciarpa tricolore. L’ufficiale od il sottufficiale dei CC. deve essere in divisa. L’invito a sciogliersi e le intimazioni si fanno ‘in nome della legge'”. L’articolo 25 recita: “Qualora non sia possibile disporre della tromba per le formalità di cui all’art. 23 della legge, lo scioglimento della riunione è ordinato con tre intimazioni ad alta voce”. In mancanza di queste formalità il procedimento delle forze dell’ordine è nullo anche perchè non ha offerto ai presenti la possibilità di allontanarsi per obbedire all’ingiunzione dell’autorità.”
Trombe e fasce tricolori? Risulta a qualcuno che nell’equipaggiamento di un poliziotto ci siano fasce tricolori e trombe?
La scena conseguente che si potrebbe immaginare potrebbe far sorridere più di qualcuno. In effetti vien da pensare che l’autorità giudiziaria o meglio che il PM Federico Frezza abbia perso il controllo della situazione. Ma questo nulla toglie alla gravità della sua inziativa: l’applicazione di intimidazioni e leggi fasciste sulla pelle dei nostri concittadini.
Anzi più che fascista, feudale. Infatti lo stesso Dott. Federico Frezza propone infine la possibilità di acquisire/acquistare clemenza ai “suoi” sudditi se questi anziché attendere il “giorno del giudizio” avessero ammesso le loro colpe e si fossero attenuti al pagamento di un demenziale tariffario con pene oscillanti tra i 30 ed i 45 giorni di reclusione nelle galere italiane.
E’ in quest ottica che Triest NGO ha il preciso dovere di intervenire: troppe sono state le grossolane violazioni dei diritti umani che i nostri cittadini rappresentati stavolta dai 37 imputati sono stati e sono costretti a subire.
L’intento delle autorità italiane, a quanto pare è il solito, secolare “colpisci uno per educarne 100”, tecnica collaudata, ma che c’entra con il libero diritto di espressione democratica dei cittadini? E come può quindi, Triest NGO intervenire?
Assumendosi l’incarico di difendere i diritti dei cittadini coinvolti tramite il proprio rappresentante, l’avv. Nicola Sponza già head of civil planning and programmes della stessa NGO.
L’udienza del 9 – 11 -2015
In questa udienza, l’avv Sponza ha sottolineato l’infondatezza dell’accusa per le seguenti ragioni:
Prossima udienza 16 novembre 2015.
In questa prossima udienza verranno valutate le eccezioni presentate in prima istanza dall avv. Sponza ( e altre istanze a nome di altri avvocati).
Per adesso non resta che attendere le decisioni del Giudice Dott. Marco Casavecchia.