Dopo una lunga lotta con la malattia si è infine ricongiunto alla moglie.
Lascia parecchie questioni aperte. La sua pluridecennale ed estenuante lotta per l’affermazione dei diritti dei cittadini di Trieste non fu diretta al solo riconoscimento delle norme legislative per la cosiddetta minoranza slovena, ma coinvolgeva e prosegue oltre. Mosso da una sete di giustizia, si è spesso trovato a combattere da solo, ostacolato pure ed in qualche caso soprattutto dai colleghi e dai politici locali.
Triest Ngo ha avuto l’onore di presenziare assieme al professor Pahor all’ONU, precisamente all’8th Session of the Forum on Minority Issues “Minorities in the Criminal Justice System” di Ginevra nel 2015, di cui vi riproponiamo il suo testo della particolareggiata ed autorevole denuncia protocollata all’OHCHR, anche per comprendere che indole di uomo ci ha lasciati per sempre.
Grazie professore.
link al testo integrale in inglese, protocollato all’OHCHR
Stimati!
Speriamo possiate comprendere la nostra preoccupazione per lo spirito avverso alle minoranze che domina l’Italia e particolarmente avverso alla minoranza nazionale slovena. Le nostre esperienze con la magistratura penale subite negli sforzi per far valere la tutela promessa dall’articolo 6 della costituzione, rimasta sostanzialmente lettera morta, la parità di diritti e di trattamento riconosciuta dall’articolo 3 dello statuto regionale e nonostante tre severi rimproveri della Corte costituzionale per la mancata attuazione di tale parità che l’Italia si è impegnata a garantire anche con lo statuto speciale firmato il 5 ottobre 1954 a Londra e poi confermata dall’articolo 8 del Trattato di Osimo che tuttora attende una leale attuazione, sono gravi.
Nella relazione scritta abbiamo illustrato la triste storia del passaggio dall’ impero plurinazionale e plurilingue, che fin dal 1849 ha riconosciuto pari diritti a tutte le nazionalità ed a tutte le lingue, allo stato attuale in cui statisti e magistrati non vogliono capire il senso delle parole usate dalla costituzione e interpretate tanto dallo statuto regionale, quanto dalla Corte costituzionale che per alcuni decenni (fino al 1982-1983) si è lasciata sedurre dallo spirito sciovinista.
In questa notte della civiltà c’è stato un solo momento luminoso, quando lo Statuto permanente del Territorio libero di Trieste (allegato n. VI al Trattato di pace con l’Italia) ha proclamato lingue ufficiali tanto l’italiano quanto lo sloveno. Forse vi aiuterà a capire il nostro stato d’animo il fatto che, mentre non sono state emanate immediatamente le norme di attuazione della tutela, come prescritto nella X disposizione transitoria della costituzione, è rimasta in vigore la norma che vietava l’uso della lingua materna nei procedimenti penali fino 24 settembre 1989, per ben 41 anni dalla entrata in vigore della costituzione.
E i magistrati penali tuttora non comprendono che la traduzione della sentenza nella lingua materna dell’imputato è dovuta per il rispetto del diritto umano alla pari dignità sociale della persona e non all’eventuale ignoranza della lingua ufficiale dello stato. Poi è stata fatta, appena nel 2001 (ben 53 anni dopo l’entrata in vigore della costituzione) la legge detta “di tutela” per la minoranza slovena, il cui principale effetto è quello di negare il diritto all’uso della lingua materna, di restringere il diritto all’uso della lingua (anche territorialmente, così che si ha l’effetto dell’introduzione dell’apartheid) e dove è libero l’uso della lingua slovena di non trovare negli uffici pubblici del personale in grado di permetterti l’uso della lingua della minoranza.
Per quanto riguarda l’attività della magistratura penale, pur riconoscendo di aver incontrato qualche giudice indipendente, abbiamo diverse esperienza che richiederebbero l’intervento del United Nations Special Rapporteur on the independence of judges and lawyers. L’11 marzo 2002 abbiamo presentato un esposto e denuncia alla procura della repubblica di Trieste per le violazioni delle leggi da parte della polizia che ha fatto di tutto per ostacolare ed impedire le nostre riunioni in luogo pubblico promosse per chiedere l’emanazione della legge di tutela della minoranza slovena.
Lo stesso esposto e denuncia abbiamo presentato alla procura della repubblica di Bologna per la violazione delle leggi da parte della magistratura nei procedimenti penali promossi nei nostri confronti dalla polizia. Alla presentazione i due atti hanno assunto i numeri 085004 e 085005 e poi sono spariti. Per essere certi che l’iniziativa avrà comunque un seguito il documento di oltre 60 pagine è stato inviato anche al ministro dell’interno e al ministro della giustizia, nonché al segretario generale del Consiglio d’Europa.
Nei loro archivi troverete la documentazione su cosa hanno fatto queste autorità per garantire il rispetto delle leggi. Forse ancora più interessante è il caso della denuncia presentata alla procura della repubblica di Trieste il 4 novembre 2004 con lo scopo di individuare i responsabili del comportamento delle poste che per oltre un decennio si sono rifiutate di accettare il versamento dell’imposta sull’automobile per il solo motivo che sul bollettino di versamento la somma da pagare è stata indicata in lettere in lingua slovena.
Abbiamo indicato più di trenta persone informate sui fatti.
Ma la denuncia è subito sparita.
Abbiamo chiesto nella stessa denuncia la comunicazione dell’avvenuta iscrizione nel registro delle notizie di reato ai sensi dell’articolo 335, come abbiamo chiesto con lo stesso atto la notifica della richiesta della proroga del termine per la chiusura delle indagini ai sensi dell’articolo 406 e la notifica dell’eventuale richiesta di archiviazione ai sensi dell’articolo 408 del codice di procedura penale, ma non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione in merito.
Così ci siamo rivolti all’Ispettorato generale del ministero della giustizia che ha scoperto che la nostra denuncia è stata trasmessa, in violazione dell’articolo 8 del codice di procedura penale alla procura della repubblica di Roma, dov’è stata archiviata senza alcuna indagine e in violazione dell’articolo 408 del codice di procedura penale. La denuncia è stata restituita alla procura della repubblica di Trieste che dopo una sommaria indagine (non sono state interrogate più di cinque persone informate sui fatti da noi indicate) è stata richiesta l’archiviazione della denuncia.
Naturalmente abbiamo presentato opposizione alla richiesta di archiviazione, ma il giudice per le indagini preliminari ha rigettato la nostra opposizione con la constatazione (non fondata) che non siamo persone offese ma soltanto dei denuncianti e che quindi non abbiamo il diritto di presentare l’opposizione alla richiesta di archiviazione.
Per evitare di essere giudicato dalla magistratura in un ambiente avverso alla parità dei diritti degli appartenenti alla minoranza slovena ho chiesto dopo il secondo arresto nel 1991, ai sensi dell’articolo 46 del codice di procedura penale, la rimessione del processo ad altro giudice. La Corte suprema di cassazione ha rigettato tale richiesta e quindi ho presentato nuove richieste di rimessione del processo. Tutte rigettate.
I magistrati triestini, preoccupati per la possibilità che le richieste di rimessione potrebbero portare i reati di cui sono stato accusato alla prescrizione, hanno sollevato il 12 luglio 1994, il 9 gennaio 1996 e il 1° febbraio 1996 la questione della legittimità costituzionale del 3° comma dell’articolo 49 del codice di procedura penale come dimostrato dalle sentenze della Corte costituzionale n. 460 del 1995 e n. 353 del 1996 nonché dall’ordinanza della Corte costituzionale n. 376 del 1996.
Ci permettiamo di auspicare che il Special rapporteur on the independence of judges and lawyers delle Nazioni unite possa indagare sulla sorte delle nostre denunce dell’11 marzo 2002 e del 4 novembre 2004 ed esprimere la sua valutazione imparziale sull’indipendenza della magistratura italiana nelle cause riguardanti i diritti della minoranza slovena.
Trieste, 18 novembre 2015
Samo Pahor